La legge n. 54/2006 ha introdotto l’affidamento condiviso in caso di separazione dei coniugi, rinnovando in tal modo il diritto di famiglia.
In base a tale disciplina viene in rilievo il concetto di “bigenitorialità”. Questo vuol dire che i figli avranno il diritto di continuare ad avere un rapporto continuativo e equilibrato con entrambi i genitori e, di conseguenza, ciascun coniuge dovrà, necessariamente, accettare di dialogare e confrontarsi con l’altro nell’intento di educare e crescere i figli. È corretto dire, infatti, che si separano i genitori e non i figli.
Nella nuova disciplina, quindi, l’affidamento esclusivo viene concesso solo in casi eccezionali e quando l’affido condiviso arreca pregiudizio al minore (ad esempio, in caso di violenza o quando ci sono gravi carenze affettive del genitore o, anche, quando è lo stesso figlio a dimostrare in giudizio il pregiudizio che gli può essere arrecato).
Ultimamente, però la giurisprudenza di merito sta dando rilievo ad un’ulteriore causa che consente l’affido esclusivo ad un coniuge a scapito di quello condiviso: l’aver il coniuge causato nel minore la cosiddetta Pas (dall’inglese Parental Alienation Syndrome).
La Pas è un disturbo psicologico e un abuso emotivo che colpisce i minori coinvolti nella separazione dei genitori quando questa è conflittuale.
Tale disturbo venne descritto, per la prima volta, da R.A. Gardner a partire dagli anni ottanta.
Spesso, infatti, ognuno degli ex coniugi, convinto di aver ragione, cerca di strumentalizzare i figli, disorientandoli, allo scopo di emarginare l’altro coniuge per una sorta di un “vendetta ai danni dell’altro genitore”.
Ovviamente, tale disturbo è un comportamento egoistico che non tiene conto del benessere del figlio i cui primi segnali sono la denigrazione dell’altro coniuge.
La pas, quindi, quando accertata, può riassumersi in una forma di abuso di potestà.
Il problema, però, è che alcuni studiosi pongono dei dubbi sulla validità scientifica di tale patologia ed è stata dello stesso avviso la Suprema Corte di Cassazione che con sentenza n. 7041del 20 marzo 2013, ha annullato una sentenza di una Corte d’Appello.
La Corte di merito, affidandosi in toto ad una consulenza tecnica, ha ritenuto lesivo per il benessere del figlio il comportamento di una madre che avrebbe isolato l’altro genitore, invece di favorire la ricostruzione di un sano rapporto padre-figlio, ponendo, così, in essere la “mancata identificazione della figura paterna”.
Secondo la Corte di Cassazione, però, la valutazione dei giudici dell’Appello è discutibile in quanto fondata sulla diagnosi formulata dal consulente tecnico e sulle “pretese esigenze terapeutiche” senza tenere conto del fatto che ci troviamo dinanzi ad una teoria non ancora consolidata sul piano scientifico e molto controversa.
Avv. Monica Botta